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Licenziata perché arrivava troppo presto al lavoro: la verità processuale è completamente diversa

Rocco Di Vincenzo
Dicembre 06, 2025

Una dipendente viene licenziata per i suoi ingressi anticipati: il tribunale spiega perché la decisione è stata ritenuta legittima.

A prima vista sembrava la classica notizia destinata a dividere l’opinione pubblica: una lavoratrice licenziata per essere troppo puntuale. Non in senso figurato: la donna arrivava ogni giorno con molto anticipo rispetto all’orario previsto. Una storia che, letta così, suona quasi assurda. Ma basta entrare nei dettagli per capire che quel “troppo presto” non era un vezzo, né un gesto virtuoso equivocato: era una parte di un comportamento più complesso, che il tribunale ha ritenuto sufficiente per confermare il licenziamento senza indennità.

Licenziamento per anticipo sul lavoro
Licenziata perché arrivava troppo presto al lavoro: la verità processuale è completamente diversa – isismalignani.it

Tutto inizia a fine 2023, quando uno dei responsabili dell’azienda logistica decide di mettere per iscritto ciò che aveva già comunicato verbalmente: la dipendente non poteva entrare prima delle 7.30. Non si trattava di rigidità burocratica, ma di un’esigenza organizzativa ben precisa. Prima di quell’ora, infatti, la lavoratrice non aveva alcuna attività da svolgere: il suo compito era verificare che l’assegnazione di furgoni e percorsi, preparata il giorno precedente da un collega, fosse corretta. Anticipare l’ingresso non aveva alcuna utilità operativa.

Le ripetute violazioni sul posto di lavoro (al di là dell’eccessiva puntualità)

Nonostante il richiamo scritto, la donna continuò a presentarsi con largo anticipo: fino a 19 ingressi non autorizzati in un solo mese, con anticipi tra i 30 e i 45 minuti. Nuova comunicazione, nuovo avvertimento formale. Ma niente cambiò. A quel punto l’azienda scelse la strada più drastica: la cessazione del rapporto di lavoro. Una decisione che la dipendente decise di contestare davanti al giudice.

Durante l’udienza, la lavoratrice sostenne che quegli anticipi servivano a “gestire una grande mole di lavoro” e che la pratica sarebbe stata tollerata per più di due anni. Il tribunale, però, non accolse questa versione: nessun altro dipendente arrivava prima delle 7.30 e non esisteva alcuna documentazione che giustificasse quell’anticipo. In pratica, si trattava di un’iniziativa personale e non autorizzata.

Fin qui, la vicenda potrebbe sembrare ancora borderline, una questione di interpretazioni. Ma c’è un secondo elemento, molto più pesante: la gestione del sistema di registrazione delle presenze. Secondo quanto accertato in giudizio, la donna aveva utilizzato la piattaforma aziendale in modo improprio, registrando l’ingresso o l’uscita in orari non corrispondenti alla realtà. In almeno sei occasioni, risultava “in servizio” quando si trovava già fuori dall’azienda, talvolta a chilometri di distanza. Non aveva incarichi esterni, nessun motivo per essere altrove: per il giudice, si trattava di una forma evidente di abuso e di violazione della fiducia.

A questo si aggiunge un ultimo episodio, emerso durante il procedimento: la dipendente aveva venduto a un autodemolitore una batteria usata ottenuta dal laboratorio meccanico dell’azienda, senza alcuna autorizzazione. Un fatto che, nella valutazione complessiva, ha contribuito a definire una condotta non compatibile con il rapporto fiduciario richiesto.

Alla fine, la sentenza è stata chiara: le condotte contestate erano gravi e ripetute, tali da configurare violazioni molto gravi di lealtà, fiducia e obbedienza. Per questo il licenziamento è stato confermato come pienamente legittimo.

Se siete giunti sin qui chiedendovi dov’è accaduta questa (insolita) vicenda: parliamo della provincia di Alicante, in Spagna. Le ricostruzioni diffuse dalla stampa locale hanno acceso il dibattito proprio per quell’elemento iniziale che ha attirato l’attenzione – l’essere “licenziati per arrivare troppo presto”. In realtà, alla luce dei fatti, la storia era ben differente.

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Rocco Di Vincenzo

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